Troppe diagnosi di dislessia? No. Ancora troppo poche. Ecco perché
«Boom
di diagnosi di disturbi dell’apprendimento tra i bambini», «è un’epidemia», «in
atto una medicalizzazione di massa della scuola» «DSA un’invenzione per assicurarsi
la promozione». Sono solo alcuni dei tanti titoli e delle tante frasi che sempre più
frequentemente leggiamo sui giornali, sul web o che sentiamo pronunciare in convegni o ospitate televisive da qualche
pseudo-esperto. Ma sono davvero troppe le
diagnosi di dislessia?
Ovviamente
la risposta è NO. Capiamo perché.
Già
nel lontano 2011 all’indomani dell’entrata in vigore della Legge 170/2010 si
assisteva ad una prima ondata di dis-informazione tanto che il Prof. Giacomo
Stella, tra i massimi esperti in Italia e fondatore AID replicò in questo modo
all’ennesimo articolo pubblicato sull’argomento:
«Ma
la pagina che avete pubblicato sul vostro giornale rappresenta una svolta nei
panorama dei “negazionisti”: non dice infatti che la dislessia non esiste, ma
dice che "la dislessia è troppo diffusa per essere vera”. Argomento ideologico
e non scientifico molto pericoloso perché sarebbe come dire che un fenomeno
viene accettato solo se è piccolo, invisibile, così non dà fastidio».
I
cosiddetti negazionisti della dislessia se prima della Legge affermavano che i
DSA non esistevano dopo la sua approvazione cominciarono a far circolare dubbi
sulle troppe diagnosi di DSA. Una tesi che però si regge non su basi
scientifiche, ma ideologiche. I numeri che si leggono o che si ascoltano,
infatti, non corrispondono mai a verità e vengono gonfiati per fare ancora più rumore.
Sensazionalismo puro e interessi nascosti che nulla hanno a che fare con la
dislessia.
La
realtà dei fatti è completamente opposta: le diagnosi di DSA sono ancora troppo
poche, tantissimi i bambini e ragazzi senza ancora certificazione. I dati, quelli
veri, scientifici, quindi attendibili, del MIUR parlano chiaro. Come dice bene
Giuseppe Aquino, formatore tecnico AID e membro della Commissione Esecutiva del
nuovo progetto di produzione di Linee Guida sui DSA, in un articolo pubblicato
recentemente dall’Associazione Italiana Dislessia in risposta proprio alle
accuse delle false diagnosi di dislessia:
«In
ogni caso la percentuale degli alunni con diagnosi di DSA nella scuola
italiana, come risulta oggi dai dati ufficiali del MIUR, non è del 18-20%, come
qualcuno afferma, ma supera di poco il 2%, a fronte di una incidenza media che,
secondo le indagini epidemiologiche (così come riportato dai dati scientifici
nazionali e dalle Linee Guida pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità), si
attesterebbe intorno al 3,5% dell’intera popolazione scolastica. Non ci
troviamo, quindi, di fronte ad una sovrastima dei casi di dislessia, quanto,
piuttosto, alla presenza ancora di una grande parte di sommerso, oltre l’1,5%».
Non
è ancora chiaro? E allora vi invito a visionare l’interessante disamina che fa
il Dott. Gianluca Lo Presti nel video qui di seguito. Riferendosi a dati e
fonti certe e alle sue competenze di vero esperto in materia “distrugge”
completamente queste pericolose teorie negazioniste che purtroppo viaggiano
velocemente sui media italiani a discapito dei bambini e ragazzi DSA e delle
loro famiglie.
Spero
sia ora chiaro che la storia delle false diagnosi è un grande menzogna. Una
menzogna che come tante rischia di essere acquisita come verità se ripetuta e
ripetuta più volte.
Per
questo vorrei che lo capissero anche tutte quelle pagine web, quei grandi
giornali o quelle TV che troppo spesso danno spazio a queste genti e alle loro
opinabili teorie contravvenendo ad una delle regole fondamentali della
comunicazione e cioè l’attendibilità della fonte.
I
messaggi che possono partire da queste persone mosse da chissà quali interessi
e strane ideologie sono come proiettili in grado di modificare o rafforzare il
pensiero di chi li ascolta e di riflesso danneggiare il percorso scolastico e
la vita in generale delle migliaia di bambini e ragazzi con DSA. Le uniche
vittime.
Impediamo
una volta per tutte a questi personaggi di sparare parole letali allontanando
da loro i microfoni e spostando verso la verità l'obiettivo delle telecamere.
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Roberto M.
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